Ciarlando... · With Love

Pratico manuale per momenti emo.

Lungi dalla mia esperienza di adolescente che soffre per amore, ho deciso di dispensare un paio di conclusioni su questa stronza e magica fascia d’etá.
Segretamente, e mi scuso in partenza per ammettere ció, ho sempre amato soffrire per amore. Mi sono sempre crogiolata nelle paturnie amorose, la desolazione del cuore era sempre una costante, durante il tragitto verso la vita adulta. Periodi di passione non corrisposta, celati da sorrisi e risate finte in mezzo a gente estranea, esternati a suon di sospiri e sguardi vacui in mezzo alle amiche.

Non so perché.
Probabilmente perché appena prima dell’adolescenza ho guardato troppe telenovelas con mia mamma. O forse mangiato troppe merendine a colazione che, varcata la soglia dei dodici anni, mi hanno fatta lievitare come un muffin ripieno e mi hanno improvvisamente reso conscia del fatto che non ero magra come tutte le altre ragazzine. Da quel giorno, la mia autostima é salita a fatica, partendo dalla suola delle scarpe e raggiungendo la cima solo a post-adolescenza inoltrata.
Dico salita e non scesa perché, contrariamente alle ragazzine di oggi, io i miei dodici anni li ho vissuti nella piú completa ignoranza verso il sesso opposto e materiale. Credo che l’autostima appaia con i peli sotto le ascelle, con i brufoli e con le mestruazioni, e sceglie lei dove piazzarsi. La mia appunto, era sotto i piedi.
Sará che ascoltavo musica goth e mi vestivo di nero.
Sará che effettivamente mi ero innamorata di una persona impossibile.

Tanti casi, tante ipotesi: una certezza. Ero un’adolescente, e si sa, a quindici anni il mondo é una merda, i nostri genitori non capiscono che noi lo amiamo davvero e finiamo almeno una volta in un brutto giro di amici.
Meglio aver provato e capito come si é fatte in quel periodo, comunque, perché vedere una donna fatta e finita di 25 anni comportarsi come una ragazzina é patetico.
 
Io, dopo un po’ di training, i momenti emo me li sono sempre organizzati di tutto punto. Non valeva piú piangere tanto per. Bisognava cavare fuori qualcosa.  
C’era sempre una penna e un pezzo di carta di fianco a me, per scrivere, che chissá per quale motivo scrivo sempre meglio quando soffro. La playlist giusta, il mare d’inverno o un lenzuolo steso sul prato in piena notte, con lo sguardo verso  il cielo.
Ma una cosa sarebbe dovuta mancare sempre: il cellulare.
L’atto piú estremo, il karakiri, il kamikaze.
Il messaggio mandato ad orari improbabili, al destinatario sbagliato, ubriaca di pensieri.

Ed ecco il mio primo consiglio:
Donne, comportiamoci da tali ed evitiamo di mettere l’Iphone in carica se siamo depresse. Lasciamo che si spenga e che risparmi imbarazzi mattutini.
Se proprio proprio non riusciamo ad evitare di scrivere la minchiata,per fortuna abbiamo due fattori lampo che in qualche modo, prima o poi, ristabilizzano la nostra dignitá: 1) oggigiorno la tecnologia fa passi da gigante e l’italiano medio cambia cellulare una volta all’anno. 2) Il maschio medio cancella un messaggio l’istante seguente in cui l’ha letto , e tutte quelle farfugliate scritte con gli occhi annebbiati di lacrime finiscono quasi sempre nel cimitero dei dati persi la stessa notte in cui sono state inviate. A meno che il maschio medio in questione sia uno stronzo, in tal caso si vanterá per un po’ con gli amici. É improbabile che tenga il vostro messaggio per tanto tempo, perché se lo facesse, sarebbe un romanticone, e se fosse un romanticone voi non sareste li a piangere per lui.
In ogni caso é sempre meglio non avere il cellulare con sé durante quei momenti emo, al massimo, potremmo attrezzarci di un walkie-talkie per poter interagire solo con la migliore amica. Se la migliore amica é troppo distante dal raggio di ricezione, possiamo lasciare la seconda radiolina alla vicina di casa in pensione, che crederá di ascoltare l’Operetta e si sentirá meno sola.

*~*~*~*~*

Ogni mio “amore non corrisposto” é stato in realtá un’ossessione protratta nel tempo, o peggio, negli anni, per convincermi del fatto che un giorno il soggetto di turno sarebbe finalmente rinsavito e reduce da un sogno di mezz’estate, sarebbe venuto a decantarmi le lodi.
Ebbene, l’unica volta in cui quest’episodio si é verificato, ho levitato, in estasi, girando con cartelli “Te l’avevo detto!”, sbeffeggiando le amiche che avevano cercato di farmi riprendere il lume della ragione. Sono uscita insieme al mio “amore riesumato” e non ho provato nulla. Nada.  
Ci ho riprovato, inutilmente, ottendendo gli stessi risultati della prima volta. Zero emozioni.
Qu, ho capito che l’errore stava nel mezzo: io mi ero costruita un personaggio nella mia testa a regola d’arte, meglio di un Sim, con un carattere (che non era il suo), delle passioni (che non erano le sue), e delle visioni della vita che si sposavano alle mie (ovviamente, no). Lui, dal canto suo, si era impegnato ad “imbruttirsi” nel tempo, al punto che non non lo trovai piú attraente come agli inizi. Beh non é proprio colpa sua, piú che altro ero io ad aver cambiato gusti. E stavo giocando con un Sim che non avevo creato io.

Quindi, consiglio numero due: abbassate le aspettative, fatevi meno castelli, createvi un uomo a vostra immagine e somiglianza basandovi su attori/cantanti/lottatori di sumo, e non su gente reale.

Stefy

Ps: Tutto passa. Anche se in quel momento non vi sembra cosí. 

6 pensieri riguardo “Pratico manuale per momenti emo.

  1. Tutti gli uomini che ho idealizzato si sono dimostrati dei gran coglioni…ecco perché ho lasciato perdere l’idealizzazione e mi baso sulla realtà effettiva: sono tutti dei gran coglioni. 😉

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